Cosa abbiamo appreso al III Forum della Ristorazione

Cosa abbiamo appreso al III Forum della Ristorazione

Il 17 e 18 ottobre si è tenuta a Padova la terza edizione del Forum della Ristorazione, un appuntamento annuale riservato agli imprenditori del settore, organizzato da Ristoratore Top, azienda specializzata nella consulenza e nel marketing per la ristorazione. Noi ci siamo “infiltrati” per provare a capire meglio cosa ci aspetta nei prossimi mesi e cosa possiamo dire, anche a livello di consulenza, ai nostri clienti del settore.

Non è semplice concentrare due giorni intensi e di full immersion in un articolo senza annoiare o dilungarsi ma ci proviamo.

Il sottotitolo del Forum è stato La Ripartenza, perché ben consapevoli delle difficoltà del momento legate a una serie di contingenze anche abbastanza gravi, ben consapevoli di venire dai due anni (soprattutto il 2021) più difficili nella storia del settore, molti indicatori ci dicono che i numeri per la ripartenza del settore ci sono.

Il primo indicatore è la grande voglia degli italiani di uscire a ristorante: siamo un popolo che ama la cucina, anzi la buona cucina e il buon bere, e soprattutto i giovani e i giovanissimi cucinano sempre meno e preferiscono, oltre ad andare a ristorante, ordinare da un take away o da un delivery.

Il secondo indicatore, legato al primo, è dato dall’aumento della spesa alimentare fuori casa, che segna un +11% rispetto alle previsioni post pandemia. Ovviamente siamo ben lontani dal trend positivo che aveva il settore prima del covid, ma i dati sono confortanti.

E dopo questa botta di ottimismo passiamo alla fase depressiva 😀.

Iniziamo con 3 record negativi per il settore nel 2021:

  1. le camere di commercio hanno registrato il numero di iscrizioni di nuove attività nel campo della ristorazione più basso di sempre: 9.000 rispetto alle 20.000 del 2009;
  2. il saldo tra le iscrizioni e le cessazioni di attività è il più alto di sempre: – 14.000;
  3. per la prima volta nella storia recente le attività di ristorazione sono diminuite rispetto all’anno precedente.

Dall’analisi di questi 3 parametri possiamo dedurre 5 cose importanti:

  1. molte attività sono saltate perché non erano munite in tutto o in parte di paracadute;
  2. la ristorazione odierna non è per tutti, bisogna avere competenze e conoscenze di marketing, finanza, amministrazione e gestione del personale;
  3. il settore non può più essere considerato come un “bene rifugio”, dove tutti possono investire quando “non so cosa fare mo mi apro un bar”;
  4. i prossimi anni possono essere anni di ripartenza per il settore, ma non sarà per tutti, sarà per pochissimi;
  5. avremo, infatti, più per pochi e meno per tutti

Attualmente il settore soffre per due problemi grossi: il caro energia e la carenza di personale e soprattutto di personale qualificato.

Per la prima questione non c’è soluzione, o meglio non c’è soluzione immediata. Il costo dell’energia resterà sostanzialmente questo almeno per i prossimi 2/5 anni. In questo periodo bisogna sperare che i governi attuino politiche immediate di aiuti e nel lungo periodo investano in tecnologie alternative per la produzione di energia. Parole di Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni, intervenuto sul palco.

Per la questione personale, invece, gli scenari sono altrettanto preoccupanti e la situazione è abbastanza complessa.

Innanzitutto c’è un problema scuola: dal 2014 a oggi gli iscritti alle scuole alberghiere d’Italia sono passati da 64.000 a 34.000, con un calo del 53%. Abbiamo quindi un primo problema legato proprio al numero, alla quantità di persone preparate. Poi abbiamo un problema qualità, in quanto la scuola alberghiera è spesso scelta dagli studenti in quanto è una scuola, nell’immaginario collettivo, dove non si studia, o si studia poco, per cui parte dei frequentatori non sono per nulla interessati né a studiare né tantomeno a voler lavorare nel settore dopo. Ne viene fuori, quindi, un quadro desolante: poco personale preparato poco.

Giancarlo Perbellini, chef e imprenditore, due stelle Michelin, intervenuto sul palco diceva che fino a 5/6 anni fa gli arrivavano 30 curricula al mese, ora ne arrivano 30 all’anno. Figuriamoci quanti ne possono arrivare a un ristoratore di provincia. Zero! Questo è il numero.

Attualmente il settore sconta anni di cattiva gestione delle risorse umane, causata dall’eccesso di domanda che ha portato ad adottare pratiche scorrette nei confronti dei lavoratori (“se non ti sta bene vai, tanto c’ho la fila fuori” vi dice niente?). A questo si è aggiunto il covid che ha sconvolto, nel 2020 e 2021, il mercato del lavoro.

Da gennaio a giugno 2021, infatti, è accaduto un fatto storico importante: 484.000 persone si sono dimesse autonomamente dal proprio posto di lavoro. Il fenomeno, conosciuto come Great Resignation (per citare il termine usato negli Stati Uniti, dov’è esploso), misura le dimissioni volontarie di massa all’insegna di un maggiore equilibrio vita-ufficio e di principi fondamentali nel mondo occupazionale post pandemia come lo smart working e la maggior aderenza alle proprie competenze e aspirazioni.
Non abbandono del lavoro, ma spostamento verso uno nuovo dove trovare motivazioni e condizioni migliori.

Cosa fare, dunque?
La parola d’ordine è attrazione. Rendere il proprio locale attrattivo nei confronti dei lavoratori, attrarre talenti con stipendi adeguati, politiche di benefit e welfare aziendale. L’era dei camerieri a 50 euro al giorno con orari che vanno dalle 8 alle 12 ore è finita da un pezzo.

Organizzare bene i turni di lavoro, ragionare su una serie di benefit aziendali per i lavoratori, ragionare su premi produzione, premi per obiettivi, corsi di formazione, responsabilizzazione delle pesone, ecc…
Bisogna trasformare il proprio locale da people intensive a people oriented.

Come ripartire?
All’inizio dell’articolo parlavamo di ripartenza e di alcuni dati confortanti in tal senso. Ma quali sono gli elementi per la ripartenza?
Quattro, sostanzialmente:

  1. marketing
  2. persone e management
  3. amministrazione e finanza
  4. produzione

È un dato ormai assodato che le attività italiane non si concentrano su come acquisire un numero sufficiente di clienti che gli permettano di generare fatturato e utili da investire in azienda. Occorre quindi concentrarsi sui clienti, su come acquisirli, fidelizzarli e farli felici. Marketing, quindi.

La maggior parte dei ristoranti italiani è strutturalmente composto dal titolare, che decide e gestisce, e da una base di collaboratori. Quello che manca è un collante che si inserisca tra il titolare, che dirige, controlla e soprattutto pensa, e il resto della forza lavoro: una persona che lavori e che faccia lavorare, insomma. Un manager, o uno store manager. Persone e management.

Un ristorante, anche se è una piccola impresa, ha una complessità di gestione enorme. Per non perdersi o lavorare senza risultati occorre adottare un sistema di gestione e amministrazione preciso e puntuale. Amministrazione e finanza.

Alla luce dello stravolgimento che ha portato il covid, della scarsità di personale e dei rincari delle bollette, l’organizzazione della produzione (cucina e sala) vada ripensata e adattata. Bisogna guardare con occhio attento alle nuove tecnologie che possono essere degli alleati e non dei nemici, e possono andare a sopperire alle mancanze di capitale umano e contribuire al risparmio energetico ed economico. Produzione.

Infine, guardiamo alcuni dati interessanti riguardo i nostri clienti: dove sono, dove e come possiamo raggiungerli, quali sono i canali che frequentano e come scoprono nuovi locali e nuove strutture.

Premesso che la pandemia una cosa buona l’ha fatta: ha reso consapevoli tante persone che attraverso il digitale, i social, i siti, gli e-commerce, è possibile fare tante cose: dagli acquisti agli ordini, dallo scambio di informazioni alle prenotazioni, da poter lavorare non necessariamente in presenza a evitare di portare documenti a mano potendoli inviarle via etere in pochi secondi, ecc…

Vediamo come gli utenti scoprono le nostre strutture:
A differenza di come si potrebbe pensare, i social si confermano dei canali fondamentali per scoprire nuovi luoghi o strutture ma non sono i principali.

Infatti il passaparola si rivela ancora il miglior modo attraverso il quale le persone scoprono nuovi locali: 46,13%.

“Solo” il 7,76% scopre nuovi luoghi tramite Instagram e il 7,14% tramite Facebook.

Google sorpassa TripAdvisor: nel 2022 sono il 14,95% le persone che scoprono nuovi luoghi grazie al motore di ricerca, mentre il 10,97% lo fa grazie a TripAdvisor.
Google, come abbiamo avuto modo di verificare anche noi con i nostri clienti del settore, si è infilato in uno spazio lasciato vuoto da TripAdvisor, ormai concentrato sullo sviluppo di The Fork.

La posizione, la location del locale è ancora importante nella scoperta e nella scelta da parte dei clienti: il 13%, infatti, scopre un nuovo locale semplicemente passandoci davanti. Questo significa che se aprite un locale in montagna, in un posto sperduto, farete molta più fatica a farvi conoscere rispetto a uno che lo apre in città, in paese o in una zona di passaggio. (E su questo credo che tutti ci fossimo arrivati).

C’è l’errata convinzione che la maggior parte dei clienti sia del posto, della zona o del quartiere, i dati però ci dicono che il 39,49% sono del posto, il 33,27% proviene dalla stessa provincia, il 19,72% da fuori regione, il 7,52% da altra nazione. 6 persone su 10 che frequentano i nostri locali vengono da fuori.

Altro dato interessante è la frequenza di ritorno dei clienti. Dai dati recuperati da Platform, un software per la gestione dei clienti per i ristoranti, su 100.000 clienti registrati in Italia, l’80% è ritornato nello stesso locale 1 sola volta durante l’anno, l’11% invece 2 volte, il 3% è ritornato 3 volte, l’1,20% è ritornato 4 volte, l’1,24% dalle 5 alle 9 volte, l’1,8% più di 10 volte.

In sostanza 9 clienti su 10 sono tornati nei nostri locali 1 o 2 volte in un anno, per cui c’è necessità di mettere in piedi un marketing capace di lavorare sui clienti già acquisiti, farli ritornare più volte l’anno e risparmiare sui costi di acquisizione di clienti nuovi.

Foto: facebook/forumdellaristorazione
Fonti: Osservatorio Ristorazione 2022

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